RASSEGNA STAMPA

IL MANIFESTO - G8 · «Il processo alla Diaz non andava fatto»

Genova, 2 ottobre 2008

G8 · «Il processo alla Diaz non andava fatto»
E il governo si assolve anche sulla notte cilena
Alessandra Fava

«Chiedo al tribunale di dichiarare inammissibile e di respingere tutte le domande comunque e da chiunque espresse»: è con queste parole che il responsabile civile del Ministero dell'Interno, l'avvocato Domenico Salvemini, ha concluso quattro ore di difesa al processo Diaz. Come dire, degli 8 milioni di risarcimenti chiesti dalle parti lese solo per provvisionali e spese legali non se ne fa niente. «Il processo andava fatto - ha detto - l'accertamento della verità è stato fatto e penso che il ministero debba essere prosciolto». In mezzo ci sono state affermazioni esilaranti come «il processo andava fatto davanti al Tar e non in un tribunale penale», «la Fnsi non è il sindacato unico dei giornalisti e non hanno dimostrato che Guadagnucci ne facesse parte», «i manganelli impugnati alla rovescia? Non importa come li impugno ma come li uso». Se qualcuno si aspettava uno straccio di scuse da parte dell'Avvocatura di Stato come successo al processo Bolzaneto, ne è uscito deluso. Salvemini ha tentato di demolire l'intero processo partendo da due tesi: l'operazione Diaz non fu fatta a freddo per colpire il dissenso e alla Pascoli i poliziotti entrarono per sbaglio. Quindi già in principio, come controbattendo a decine di titoli di giornali usciti su quella notte nera, ha sparso frasi forti come «nego che ci sia stata una spedizione punitiva. La democrazia non è mai stata in pericolo. Il Cile di Pinochet non è mai stato il modello al quale si è ispirata la polizia di Stato». Ha respinto anche gli accostamenti a violenze a sfondo sessuale fatti da alcune difese delle parti civili e la citazione del processo di Sant'Anna di Stazzema presente nella recente memoria depositata dai pm Enrico Zucca e Francesco Cardona Albini, un collegamento con il processo per l'eccidio nazifascista in cui i vertici sono stati ritenuti responsabili di violenze fatte da sottoposti. Dunque quella notte non si preparò un'operazione a tavolino per arrestare più gente possibile come sostenuto dalla Procura perché, dice l'Avvocatura, «la parola d'ordine non era chi piglio piglio, che avrebbe introdotto un compito eversivo che non c'è stato». Perciò non c'era un responsabile tecnico dell'operazione, ha detto Salvemini citando a più riprese il prefetto Ansoino Andreassi («ciascun reparto faceva riferimento al proprio vertice operativo»). Per cui «la contestazione doveva finire davanti al Tar, essendo una decisione di carattere amministrativo, una perquisizione per ricerca di armi». Quanto alle lesioni, ci sono state e «sono i fatti che hanno emozionato il mondo», ma non è chiaro, secondo Salvemini, chi sono i responsabili dei singoli episodi. Ha negato le responsabilità dei vertici e anche dei capisquadra, ripetendo più volte «ci fu chi picchiò e chi no». Secondo lui cade infatti anche il reato di concorso perché, essendo i capisquadra dei sottufficiali, non potevano dare ordini se non ai loro uomini. Quanto al fatto che il VII nucleo sia entrato con i manganelli impugnati alla rovescia (per far più male, pensa la Procura), l'Avvocatura ne ha tirato fuori una eccezionale: «Il manganello lo porto come mi pare. E' come picchio che cambia. Insomma che importanza ha se impugno alla rovescia una mazza da baseball, ma quando entro in un campo da golf la tengo correttamente?». Peccato che uno dei legali, Domenico Giannantonio, abbia spiegato di recente, ad esempio, che fu Fournier a pestare parlando pure in inglese. Fatto che viene riferito da quattro teste e confermato (il parlare inglese) dallo stesso Fournier. Quanto al fatto che i primi ad entrare nella scuola siano stati quelli del VII è dato assodato. Ma l'Avvocatura smonta tutto. «I danni vengono chiesti da chi non li ha subiti», dice a proposito del peculato per i computer dati dal Comune e danneggiati alla Pascoli. Ovviamente niente risarcimenti neppure alle altri parti civili: «Il Gsf non esiste più. A chi faccio il mandato? Ad Agnoletto?». Da domani, per sette udienze, parleranno una ventina di avvocati che difendono i 29 poliziotti imputati. Salvemini ha dato il la.